Italia Regioni
Storia
Regione Marche
Originariamente abitata, a sud, dai Piceni,
e, nella fascia costiera, dai Galli Senoni, nel
corso del III secolo fu conquistata quasi
interamente dai Romani, che vi fondarono diverse
colonie, come Sena Gallica, Senigallia, Pisaurum
(Pesaro), Firmum Picenum (Fermo), ecc..
collegate a Roma dalla Via Flaminia e dalla Via
Salaria.
Durante la seconda guerra punica i Romani
riportarono la prima grande vittoria sui
Cartaginesi (207 a.C.), sulle rive del Metauro,
mentre durante la guerra sociale, Ascoli fu uno
dei centri di resistenza degli Italici.
Nell'ordinamento dell'Italia, da parte di
Augusto, le Marche (allora Ager gallicus),
furono incluse nella VI regione (detta Umbria) e
nella V regione, il Picenum.
La regione, riunitasi verso il 292 d.C., fu di
nuovo smembrata dalle invasioni barbariche: la
parte meridionale fu sottomessa dai Longobardi e
quella settentrionale fu integrata nella
Pentapoli dell'Impero d'Oriente.
L'influenza della Chiesa, iniziata al tempo dei
re Carolingi, fu confermata dagli imperatori
germanici, a partire da Ottone I, e tra il IX e
l'XI sec., si costituirono le prime marche:
Camerino, Fermo e Ancona, da cui, per
estensione, venne dato il nome alla regione.
Da quel momento, il feudalesimo e le nuove
autonomie comunali cominciarono a mettere in
crisi il potere della Chiesa e l'autorità laica
si affermò sempre più, tanto che, già nel XII
sec., il Comune di Ancona fu in grado di
contrapporsi sia alla potenza di Venezia che
all'imperatore Federico Barbarossa.
Con l'affermarsi di piccole signorie autonome,
però, intorno al XIV sec., le Marche si
frazionarono in diversi staterelli,
saltuariamente dominati da Fano, con i
Malatesta, e Urbino, con i Montefeltro e i Della
Rovere.
Nel 1354, però, la Chiesa, che non voleva
tollerare più lo stato di disordine delle
Marche, incaricò il cardinale Egidio Albornoz di
restaurare l'autorità ecclesiastica.
Questi intraprese con energia l'opera di
riconquista e di pacificazione nelle Marche, e,
a Fano nel 1357, fece accogliere le
Constitutiones aegidianae, delle leggi che
determinavano la nuova sistemazione politica
della regione, e che rimasero in vigore fino al
1816.
La situazione di disordine politico, però, non
si stabilizzò e la Chiesa dovette spesso tentare
di smorzare gli eccessi dei feudatari ribelli.
All'inizio del XVI sec., Cesare Borgia, figlio
del pontefice Alessandro VI, tentò di costituire
una signoria personale al centro dell'Italia. La
sua azione, che portò all'eliminazione dei
signori locali e delle autonomie comunali, non
poté essere consolidata, a causa della morte del
papa suo padre, cosa che portò alla rovina del
figlio, ma aiutò la Chiesa a sgombrare la
regione da tutti gli impedimenti che avevano
limitato la sua espansione. Pian piano caddero
tutti i grandi comuni autonomi della regione:
Ancona (1532), Camerino (1545) e Urbino, quando
s'estinse la dinastia dei Della Rovere (1631).
Dopo quasi tre secoli di lotte, la Chiesa dominò
tutta la regione e la tenne senza contrasti nei
secoli XVII e XVIII.
Nel 1797, la Francia, che aveva occupato lo
Stato Pontificio, estese le sue conquiste alle
Marche e permise la costituzione della
repubblica di Ancona che poi con Fano,
Senigallia e Ascoli venne unita alla Repubblica
Romana (1798-1799).
Ritornata possesso della Chiesa, dopo questa
parentesi, le Marche furono annesse da Napoleone
al Regno Italico (1808-1813), con l'occupazione
di Gioacchino Murat (1813-1815), e poi di nuovo
ritornarono sotto il dominio pontificio, e vi
rimasero fino a quando, dopo la battaglia di
Castelfidardo (settembre 1860), furono occupate
dall'esercito piemontese e annesse al regno
d'Italia, col plebiscito del 4 novembre 1860.
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