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Regione Marche
Avendo la Marche subito una colonizzazione
diversificata ed i più riprese, il dialetto
marchigiano ha seguito distinte linee di
sviluppo, dando vita ad un panorama linguistico
ricco e multiforme.
Grossomodo il territorio delle Marche si può
dividere in quattro aree linguistiche:
- la provincia di Pesaro, il nord e la parte
costiera di Ancona, appartenenti al ceppo
gallo-italico, con una lingua collegata al
romagnolo.
- Il resto della provincia di Ancona e Macerata,
che costituiscono il centro dei dialetti
marchigiani, strettamente connessi a quelli
umbri.
- La zona circostante Camerino, che conserva,
invece, un tipo di dialetto più arcaico in cui
si mantiene la "-u" finale, senza confondersi
con la "-o", come in "lu monnu", il mondo, dal
latino "mundus".
- La provincia di Ascoli Piceno, in cui l'umbro
è stato influenzato dall'abruzzese.
Bisogna inoltre sottolineare che alcune forme di
origine veneta si trovano nelle città di mare e
nei porti, come Senigallia ed Ancona.
I termini gallo-italici si distinguono per la
presenza dei suoni "ü" e "ö"; dalla caduta di
alcune vocali, come in "stimana" per settimana;
per l'inversione (metatesi) della consonante
tonica, come in "arpià" per "ripigliare", "arcudà"
per "ricordare"; per la caduta di alcune vocali,
come in "pover" per "povero", "pranz" per
"pranzo"; per il cambiamento (lenizione) della
vocale sorda, come in "segondu" per "secondo",
"diga" per "dica", "figu" per "fico";
l'alterazione di tutte le vocali doppie.
Nel secondo tipo di dialetto, data la sua
ristrettezza, è difficile stabilire delle regole
precise, ma abbiamo alcuni caratteri specifici,
come il cambio di "i" in "e" e viceversa, come
in "pelo" al plurale "pijie", "pegno" al pl.
"pigne"; "vetro" al pl. "vitre"; nei verbi, come
in "meto" (mietere), che in seconda persona
diviene "tu miete"; il cambio "uo" in "o", così
"buono" e "bona", "posso" e "puoe". Un'altra
particolarità è l'assimilazione delle lettere,
così caldo diviene "callo", grande "granne",
quando "quanno", etc.
Nelle iniziali in "g" si hanno inoltre delle
variazioni, così "gioventù" diventa "gioentù",
ad Ancona, ma a Macerata "giovanotti" diviene "gghioenotti",
con un rafforzamento del suono duro "g".
Nel territorio intorno a Camerino, invece, il
dialetto marchigiano si mantiene più puro, con
al sua caratteristica finale in "u". Si ha
inoltre un passaggio della "e" chiusa in "a",
come in "male" per "mela", e della "o" in "e",
come in "fiere" per "fiore". A Montalto, invece
la "e" chiusa passa in "ai", si ha quindi "maila"
per "mela".
Per quel che riguarda il vocabolario, la
situazione del marchigiano è piuttosto
composita. Citiamo alcuni esempi: nella prima
zona si ha "bagé" per maiale; "butrigò" per
precipizio; ad Ancona si ha "impalichì" per
appisolarsi; "strofu" per cencio; a Macerata, "curtina"
è podere; "sarvai" è imbuto; ad Ascoli Piceno,
"furia" vuol dire "molto"; "fracchia" fango; "rua",
dal francese "rue", significa "via".
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