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Regione Emilia Romagna
L'aera dialettale emiliana è più ampia della
regione, estendendosi, ad occidente, fino Pavia
(Lombardia) e Voghera (Liguria), e ad oriente
fino a Carrara (Toscana), comprendendo anche una
parte della provincia di Firenze. Appartenendo
anche l'emiliano al ceppo gallo-italico, le sue
frontiere con il ligure, il piemontese ed il
lombardo sono meno nette di quelle con il
toscano o il marchigiano.
La dominazione gallica è stata importante e
duratura in tutto il nord Italia, così da
rendere le frontiere dialettali tra regioni
alquanto labili, ma non totalmente unitarie. La
nuova influenza gallica ha dunque influenzato il
latino dell'Emilia Romagna, ma in una forma
distinta dalla Toscana e dal Veneto, così la
parola notte, in toscana "notte", in Romagna è "not",
ma in Veneto "note", con la ricomparsa della
vocale finale.
Un carattere distintivo dell'emiliano è il
passaggio della vocale "a" in "ä", fattore non
presente in Lombardia, e presente in maniera
traslata solo in Piemonte, così sale a Parma
diviene "säl". Il fenomeno è dovuto
probabilmente ad una maggiore influenza gallica
nella Romagna, rispetto al Piemonte, la
Lombardia e l'Emilia occidentale.
Un altro elemento importante che ha portato alla
distinzione delle parlate emiliana e romagnola,
fu certamente la presenza longobarda nella zona
circostante Ravenna; la sostanziale avversità
dell'esarcato per la toscana ha, inoltre,
influenzato le distinzioni tra le lingue delle
due regioni.
All'interno dell'Emilia Romagna si è inoltre
creata, nel tempo, una frontiera di fatto,
marcata dal fiume Panaro, tra Modena e Bologna,
così alcuni fonemi compaiono solo al di là o al
di qua del fiume. Come il suono "ü", presente
solo in Emilia, fino al Taro.
La stessa sorte ha toccato anche altre vocali,
che sono pronunciate da una parte chiuse e
dall'altra aperte, così la parola "novo", dal
latino "novum", in Emilia, ad ovest del Taro,
diviene "nöf", mentre nel resto della regione ha
la "o chiusa"; lo stesso vale per "öf", e
"uovo".
Inoltre, mentre nella parte occidentale della
regione la pronuncia di alcune parole, come
"fiore", rispecchia quella latina, nelle zone
orientali le vocali si dittongano, divenedo ad
esempio "fiaur". La "e" aperta latina, poi, si
dittonga in "ie", così "dés" diviene "dis".
La caduta dell'accento detrrmina inoltre una
sorta di effetto distruttivo sulle vocali, dando
luogo a parole come "stmana" per "settimana"; "pcà"
per "peccato"; "sbdal" per "ospedale"; "mdor"
per "mietitore"; etc. Viene quindi facilitata
l'eliminazione delle vocali senza accento.
Questo processo, più presente in Romagna,
compare in parte minore anche in Emilia.
In questa zona, come in quasi tutte le regioni
italiane, si assiste anche alla caduta della
vocale finale, con il cambiamento, nel plurale,
della vocale precedente (metafonia), così "agnèl"
(agnello), al plurale diventa "agnì", e "martèl"
(martello), "martì".
Per quel che riguarda le consonanti, non si
trovano in questa regione mutamenti molto
diversi da quelli caratteristici delle regioni
circostanti (Piemonte, Liguria e Lombardia),
notiamo processi lenitivi, come nel passaggio di
rapa in "räva" e "ortiga" per ortica;
assimilazioni come "fat" per fatto e
assibilazioni, come "zento" per cento.
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