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Regione Sardegna
Occupata dai Fenici a partire dal IX sec.
a.C. la Sardegna passò, intorno al 500 a.C.,
sotto il dominio di Cartagine, che la difese con
successo, grazie anche all'aiuto degli Etruschi,
dai tentativi di colonizzazione dei Focesi, ma
che non riuscì mai a pacificare le zone
dell'interno. Così i centri principali Caralis,
Nora, Tharros, Bosa, ecc. si svilupparono tutti
sulle coste e nella parte meridionale e
occidentale dell'isola, ad eccezione di Olbia,
che pare fosse di origine greca.
Poco dopo la prima guerra punica, nel 238 a.C.,
la Sardegna fu ceduta ai Romani, i quali,
chiamati in un primo tempo in aiuto dagli
indigeni ribelli a Cartagine, si trovarono poi a
dover combattere a loro volta a lungo contro gli
abitanti stessi che, sobillati dai Cartaginesi,
erano insorti contro di loro. I disordini
continuarono anche dopo che l'isola, con la
Corsica, fu eretta a provincia e affidata a un
pretore (227 a.C.) e cessarono solo il secolo
seguente.
Passata, nel corso delle guerre civili, in mano
di Pompeo, di Cesare, di Sesto Pompeo e di
Ottaviano, durante l'Impero Romano, la Sardegna
raggiunse una certa prosperità. Con la riforma
di Diocleziano fu separata dalla Corsica.
Nel 456 l'isola fu tolta all'Impero romano dai
Vandali che la tennero fino al 534 allorché
venne riconquistata dai Bizantini, ai quali
rimase fino a epoca tarda costituendo una delle
sette province della prefettura africana.
Bisanzio vi esercitò una politica di vera e
propria spoliazione; l'isola, perciò, strinse
legami sempre più stretti con la Chiesa la quale
si adoperò per una migliore riorganizzazione
della Sardegna in campo religioso e civile.
Contro il territorio sardo si abbatté
successivamente la calamità, sempre più
frequente, delle incursioni saracene che
partivano dalle Baleari, dall'Africa e poi dalla
Sicilia. Così si andarono creando nell'isola
governi locali che furono retti da capi indigeni
intitolatisi giudici (iudex).
Queste formazioni politiche si sarebbero
mantenute indipendenti fino alla metà dell'XI
sec. circa, e in qualche caso fino al XII sec.,
quando l'investitura dei giudicati divenne
prerogativa di Pisa insediatasi nell'isola. Ma
si tratta di notizie incerte poiché la storia
della Sardegna dal VII all'XI sec., se si
eccettuano le scorrerie saracene, è alquanto
oscura.
Conseguita alfine una certa stabilità di potere
nell'isola, i Pisani ne confermarono la
suddivisione politica nei quattro giudicati di
Cagliari, Torres, Gallura e Arborea. I quattro
giudici, se pure investiti da Pisa sotto l'alta
sovranità della Santa Sede, accrebbero via via
il loro potere e lo resero ereditario.
Si alternarono poi l'egemonia pisana, quella
genovese e quella diretta della Chiesa fino a
che, nel 1241, Federico II attribuì il titolo di
re di Sardegna al proprio figlio naturale Enzo
che aveva sposato Adelasia, erede di Gallura e
di Torres. Dopo che re Enzo, sconfitto a
Fossalta (1249), cadde prigioniero dei
Bolognesi, i Pisani tornarono a impadronirsi di
quasi tutta l'isola, ma sopraffatti dai Genovesi
alla Meloria (1284), dovettero cedere
definitivamente gran parte dei loro possedimenti
sardi, mentre la stessa Sassari si diede
spontaneamente a Genova, nel 1294.
L'insediamento aragonese in Sardegna cominciò
nel 1295 con l'investitura da parte di Bonifacio
VIII a Giacomo II d'Aragona, il quale in cambio
rinunciava alla Sicilia al cui recupero il
pontefice si era impegnato in stretta intesa con
Carlo II d'Angiò.
Nei principali centri, come Cagliari e Iglesias,
privati degli antichi ordinamenti (Breve regni
Callaris, Breve di Villa di Chiesa) o degli
statuti comunali (Sassari), si susseguirono
quasi per un secolo e mezzo l'opposizione alla
nuova feudalità spagnola (Aragonesi e Catalani)
e le sollevazioni armate.
La feudalità aragonese e catalana ne uscì molto
rafforzata a scapito dell'elemento locale, né il
parlamento, concesso già nel 1355 da Pietro IV
il Cerimonioso e riaperto da Alfonso V, fu
capace di stabilizzare la situazione politica ed
economica.
Passata all'Austria con la guerra di Successione
spagnola (1713), dopo un ulteriore tentativo di
riconquista da parte della Spagna (1717), venne
restituita all'Austria (trattato di Cockpit
[Londra], agosto 1718) e da questa, secondo gli
accordi presi con Francia e Gran Bretagna,
ceduta con l'annesso titolo regio a Vittorio
Amedeo II di Savoia in cambio della Sicilia (che
era stata assegnata al duca sabaudo col trattato
di Utrecht). Vittorio Amedeo II prese
materialmente possesso dell'isola il 2 settembre
1720.
Ebbe così inizio il regno di Sardegna, il primo
nucleo territoriale e politico del futuro regno
d'Italia.
Fra i più importanti provvedimenti presi dal
sovrano sabaudo, vi furono la diminuzione delle
imposte, l'apertura delle carriere a tutti e
l'uso obbligatorio della lingua italiana.
Oppostasi validamente ai tentativi di
occupazione francese (1792), la Sardegna avanzò
a Vittorio Amedeo III (1773-1796) richieste di
riforme costituzionali, ma il re rispose
ordinando lo scioglimento degli stamenti. Ciò
determinò in molte città un forte movimento
antipiemontese esploso in numerose
insurrezioni.
Con l'unificazione italiana venne ulteriormente
favorita l'opera di industrializzazione,
iniziata, dopo l'emanazione dello statuto
albertino (1848), con la creazione delle prime
società per lo sfruttamento delle risorse
minerarie (Montevecchio, Monteponi, Gennamari).
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